26/10/17

Ricordi di copertura 7. Scuola elementare.




Poco fa, passando davanti alle scuole elementari che ho frequentato anch’io, intravedendo dietro la fitta rete verde che scherma la cancellata i bambini che giocavano nel cortile, mi è venuto da pensare che sui miei giochi in quel cortile, e sulle elementari in genere, non mi viene in mente mai niente, eccetto, ora, quella volta che ho fatto uno sgambetto al povero Oscar, morto a quarant'anni, uno dei tantissimi della mia classe, e tanti giovani giovani, in un normale incidente di gioco, forse un po’ più maligno del solito, non saprei, che poi è arrivata il giorno dopo sua mamma e ha messo in piedi un cancan che non ti dico e io me le sono prese, non tante ma un po’, giusto per riequilibrare lo stato del mondo, e a parte questo del cortile nient’altro, ma gli alberi carichi di cachi buonissimi nel prato dietro la scuola, quelli sì, l’orto del bidello e la portineria che faceva anche da cucina alla sua famiglia, il magnifico presepe che lui montava ogni dicembre, mentre quanto alla vita in classe mi viene in mente solo quella volta che il maestro si era assentato per uno di quegli attimi che in passato a scuola duravano mezz'ora e nessuno diceva niente e tutti abbiamo fatto baldoria e a un certo punto io mi sono messo a cantare a voce spiegata così bene, pensavo nonostante fossi stonato, come sono tuttora, che tutti stavano ad ascoltarmi incantati e invece era solo che il maestro era tornato e si era piantato a braccia conserte davanti a me indeciso se arrabbiarsi o ridere, optando subito per la prima ipotesi però, perché il dovere è il dovere e l’autorità idem, e nient'altro poi, ma magari in futuro, chissà, mi verrà in mente ancora qualcos’altro, minutaglie, come quello di cui sono fatte tutte le vite, o almeno la mia, come questo che per associazione mi torna in mente ora, che non stavo mai fermo, e mi voltavo e agitavo e parlavo e disturbavo i miei compagni soprattutto durante le prove in classe perché avevo l’aggravante di finire sempre un bel po’ prima degli altri e allora non sapevo mai cosa fare, e insomma il maestro certe volte proprio non mi sopportava, e allora, invece di punirmi, perché in fondo (ma in fondo) era un brav’uomo, siccome era il direttore della scuola mi dava un pacco di circolari e mi spediva in giro per le altre classi a farle leggere e firmare da tutti gli insegnanti (7 donne e 3 uomini), raccomandandosi che loro prendessero visione di ogni comunicazione da cima a fondo e io facessi il bravo e non combinassi guai, e io il bravo per un po’ mi sforzavo davvero di farlo, ma poi, piuttosto presto che tardi, specie dove c’era qualche bambina che mi piaceva o bambini che giocavano al pallone all’oratorio con me, inevitabilmente finivo per fare il cretino per farli ridere, un vizio che mi è rimasto e che non riesco a sradicare, nemmeno quando vedo, e succede sempre più spesso, che di far ridere non sono capace, mentre la figura del cretino mi riesce sempre benissimo.



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