22/06/16

Le anatre di Christo



Se Christo avesse anche solo lontanamente immaginato di concepire la sua opera smisurata sul lago d’Iseo per favorire la passeggiata di queste signorine, sarebbe metafisicamente giustificato, ora e per sempre. L’eleganza del loro incedere, l’assoluta noncuranza con cui il loro sguardo carezza e pacifica il paesaggio circostante senza forse vederlo, contrastano con la ressa ansimante dei lemming umani, che si accalcano intenti quasi solo a contemplare se stessi e i propri vicini nei propri specchi digitali, rimandando tutto il resto a dopo, cioè a mai. Mentre gli uomini accorrono alla ricerca di una sensazione laica e garantita, tiepida, quella di camminare sulle acque di questo laghetto di Genesaret dalla superficie calmissima senza nessun rischio di cadere, in compagnia di tanti simili che si sostengono a vicenda in una vicinanza per una volta non angosciante e che provano, si suppone, un’identica emozione, ciascuno per conto suo e tutti quanti assieme, loro si muovono con lo stessa capacità di sempre di prendere possesso del luogo senza impadronirsene, senza farlo proprio, e anzi lasciandolo essere come è, nel suo splendore. Forse il momento di questa passeggiata è quello prima della tempesta, quando tutti i dilettanti di sensazioni accorsi da ogni parte d’Europa, perché di bellezza, spettacolo o meno, c’è sempre fame, sono stati sgombrati per il pericolo, per gli elementi che rivelano in modo intempestivo il loro lato ostile, o forse è quando è già iniziata, perché per esse tutto è il loro elemento, pioggia o sole, vento o neve. Approfittano dell’improvvisa solitudine per ritornare con la famigliola dove, in altri momenti, come se niente fosse, erano già state e dove continueranno a tornare, in quello spazio ora ridisegnato e colorato che per un po’ segmenta le traiettorie e gli sguardi, offrendo però nuove opportunità di percorso, sopra e sotto le acque. E però, con tutto questo, miopi, non ne colgono, forse, la meraviglia; mentre per gli uomini questa possibilità si apre sempre, anche se spesso, per una diversa miopia, finisce per cadere sull’obiettivo sbagliato: l’opera sul lago, invece che loro stessi sull’opera.

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