25/04/16

Una cartolina dalla periferia milanese




Da queste strade non è passato mai nessuno. L’aria, da sé, ha eretto muri e inciso finestre, come tappi avvitati sull’informe. Ed è rimasta lì, a contemplare il suo capolavoro. È auspicabile ne sia soddisfatta. Per convincersene abbozza una corsa, che presto si esaurisce in assenza di alcunché da sollevare. Per terra una macchia di sole si contrae e si dilata, col movimento lento, ma a sussulti, o a spasimi, di un’ameba. L’inferriata della finestra allude a tempi che non ci sono stati. Lo conferma, sospesa a mezz’altezza, la base di colonna appena sbalzata che si stringe al suo fianco, vedova dall’origine. Eppure se la cava bene, lei, tagliata netta dai contorni che il muro ha spinto fuori pur tenendosela ancora avvinghiata, come un primo tentativo di diastole arrestato al di qua della sistole. Per lui, invece, è stato uno sforzo eccessivo, che l’ha prosciugato. Chissà se ne è valsa la pena. Da allora, non gli resta che offrire un supporto alle ombre che si intrecciano e sfumano nella luce indecisa, concrezioni istantanee del niente.
Nemmeno le case di fronte nessuno le sembra abitare. Sfoggiano immacolate geometrie, banali paradigmi di se stesse. Gli spigoli dei balconi sono perfetti, le imposte sono chiuse e le lampadine che pendono dai fili bruciate ancor prima di essere usate, mentre, in alto, un destino nubile consuma le tende mai svolte. Nel cielo le nubi si muovono in fretta, anche il solo transitare su questo resto di idillio è irritante: di esso non rimarrà niente. Ma intanto c’è, comunque sia. È questo il peggio. A novembre il mattino è già freddo, eppure l’aria secca avvolgerebbe con piacere chiunque uscisse da una porta. Nemmeno il gelo sarebbe avvertito. Invece, nel cielo chiaro, a occidente, la testa gonfia della luna si rovescia all’indietro, con gli occhi infossati e smarriti e la bocca semiaperta di chi fatica a respirare perché ha appena vomitato. D’estate, in compenso, al tramonto, il sole è basso, enorme, gonfio oltre misura, ma senza pienezza, come chi ha contravvenuto a tutte le norme igieniche e lo sa, viòla come un iperteso reduce da un banchetto di nozze, come un obeso in fuga. I distruttori qui non ci verranno: tempo da perdere non ne hanno, loro.

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