12/12/15

Il giudizio di Paride, di Vittore Carpaccio




E c'era anche, alla Carrara, questo quadretto su tavola del Carpaccio. La targhetta lo titola "Il giudizio di Paride" (il sito dell'accademia: Paride in un paesaggio, ma io tengo buono il primo, che è quello che ho visto quando sono stato colpito da questa piccola tavola accanto alla tela più grande della Nascita di Maria, sulla quale pure ci sarebbe parecchio da dire, a cominciare dalla postura della puerpera, sant'Anna).
Avevo visto questo damerino solo nel paesaggio, con quello specchio d’acqua, che mi ha fatto venire in mente quello di Narciso, e tutti quegli alberelli che gli fanno corona, che invece, anche se c'entrano poco (ma le associazioni funzionano così), mi hanno richiamato quelli della foresta di San Giorgio e il drago di Altdorfer dell’Alte Pinakothek, e mi sono chiesto che cosa ci facesse lì. Mi sembrava così fuori luogo, vestito come un fighetto, con quella piuma vezzosa sul cappello, in una posa che a prima vista pure mi è sembrata da fighetto e poi invece come un atteggiamento quasi di difesa, di uno che è smarrito, non nello spazio, ma di fronte al mondo, al tempo, al futuro immediato che già intacca l’immediato presente, perché non sa cosa lo aspetta, come agire, perché non è nemmeno in grado di pensarlo vagamente, di prefigurarne qualche scenario elementare, scontato. Forse le dee gli hanno appena chiesto di giudicare e lui è indeciso non su chi scegliere, ma sulle conseguenze della scelta; o forse ha già scelto e sta pensando a cosa ha fatto, al premio che Venere gli darà, senza il sospetto di come invece si sentiranno e cosa poi trameranno le due sconfitte, dee esse pure, gente permalosa, non abituate a essere messe in secondo piano, o un po’ oscurate, non importa se in un campo non di loro pertinenza, cosa che però non gli passa nemmeno per l’anticamera del cervello, a loro, perché insomma per le donne, e massimamente le dee, la bellezza è sempre e comunque il loro campo di pertinenza, ci mancherebbe altro, e quando lo negano non ci crede nessuno, si tratta del più classico esempio di denegazione, la santissima verneinung freudiana che viene sempre buona in tutte le salse... Sta di fatto che Paride è lì, come sospeso. Magari è solo lusingato, fatuo com’è. Magari aspetta, gongolando, il suo premio, la bella Elena. Ma lì, solo, in mezzo a tutta quella natura, bella quanto lui, più di lui, il suo capo reclinato mi sembra meno quello di uno pensieroso, o piuttosto sognante, quanto di uno che, a dispetto di tutti i trionfi e le promesse del futuro, è già fin da ora, e per sempre, sconfitto.
....

(Sì, sì, d’accordo... ma prima avrà avuto Elena, però.)

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