11/11/14

Le migliori brioches di tutta Milano




Ogni tanto qualcuno se ne esce con una variante di questa formula. Se non sono le brioches è la paella, gli spaghetti allo scoglio (i miei preferiti), la cioccolata (mmm!), o la cappelleria, la pista ciclabile, il bosco... della città, o regione, o stato, o corpo celeste o immateriale. Oggi è stata la volta delle brioches. L’amico me l’ha segnalato perché sa quanto sono goloso, ma tende a ignorare che devo controllare gli zuccheri. È un modo indiretto per dirmi che mi vuole bene, e quindi lo perdono. (Oppure è un modo indiretto per insufflarmi che mi vuole togliere di mezzo, o dai piedi: ma lo perdono lo stesso.)
Le migliori brioches di tutta Milano. Il che implicherebbe che abbia sistematicamente girato la città per assaggiarle tutte o quasi (meno i postacci, i cubicoli con i veleni confezionati), cosa che mi rifiuto di pensare: per il tempo, le finanze, la stazza (non è grasso) e le mille cose che fa, tutte bene peraltro (come ci riesca, proprio non lo so: mi fa una rabbia!). Naturalmente queste meraviglie si trovano tutte in luoghi nascosti, difficilissimi da trovare (“un barettino dietro l’edicola in fondo alla via nella direzione opposta a quella che percorriamo abitualmente, che quasi non si vede”); segreti, protetti a costo della vita da una piccola schiera di cospiratori esoterici, perché altrimenti non si capisce come mai la loro eccellenza non sia di dominio pubblico; piccoli, come se superata una certa misura qualità e bellezza scemassero inesorabilmente, e dalle disponibilità limitate (“se arrivi dopo le nove non ne trovi più...”: ma perché non si organizzano per sfornarne secondo le richieste, magari un contingente limitato alla volta?)
Poi, che so?, leggo un libro sull’autoritratto e l’autore (bravo, informatissimo, brillante), non fa che scrivere: “X è stato il primo a...”; “non è vero che Y ha inventato, ho scoperto che prima di lui...”; o: “la prima volta che è apparso questo tema o dettaglio...”, o ancora: “è stato in quel luogo, a lungo ignorato, che hanno creato per primi...”. (Fino a prova contraria naturalmente; fino alla prossima scoperta del prossimo ricercatore più attento o dell’esploratore più fortunato: per esempio è notizia recente che l’invenzione dell’arte risalirebbe a quasi 40.000 anni fa, in Indonesia... mi pare; millennio più millennio meno; su quest’isola o quell’altra: perché la foresta, o il deserto, potrebbero riservare sorprese chissà cosa c’è sotto... si chiede lo studioso, come noi da adolescenti...).
E altri ancora con altro ancora.
Va be’, ci tornerò sopra. Il primo momento che potrò. Quando avrò trovato la formula migliore, che sarà allora usata per la primissima volta. E poi pubblicherò il tutto senza dirlo a nessuno in un sito, o rivista o fanzine o libro, pressoché introvabile, quasi inaccessibile. O accessibile solo ai veri cercatori, ai fortunati o agli eletti: all’aristocrazia delle intemperie.
(Espressione, quest’ultima, che purtroppo non è la prima volta che viene usata, e non solo da me. Ma facciamo come se lo fosse, dato che qui lo è, come lo è per molti lettori: di sicuro quasi tutti i miei, almeno, che si godranno la primizia. Fresca, profumata e buonissima come una brioche. Come la migliore brioche di Milano e dintorni.)

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