13/08/14

Bambina, cane, luce, segreto (Pieter de Hooch, Madre con bambini - Staatliche Museem, Berlino)




Sulla copertina dell'edizione tascabile francese del bel libro di Tzvetan Todorov Éloge du quotidien. Essai sur la peinture hollandaise du XVII siècle (Seuil, 1997; trad. it., Elogio del quotidiano, Einaudi) c'è il quadro di Pieter de Hooch Madre con bambini (Staatliche Museem, Berlino), di cui l'eccellente poligrafo franco-bulgaro fa una bella analisi che qui traduco, con piccoli adattamenti: "A sinistra si vede una scena di virtù domestica: la mamma distrae il bebè [invisibile nella culla; LG] con l'estremità ferrata del laccio del corsetto. La pace regna, gli oggetto, ciascuno al suo posto, sono immobilizzati, come il cane nel suo gesto e la madre stessa nel suo movimento verso il bebè. Ma a destra una bambina guarda attraverso la porta aperta da cui entra, a fiotti, da fuori, la luce. La bimba non contempla con ammirazione la madre, e non cerca di imitarla [come in altri quadri]: qui la virtù è messa letteralmente da parte. La bimba non guarda niente, ha gli occhi volti verso il vuoto del fuori, soggiogata da un incanto che l'ha tolta dal mondo reale. Ha come il presentimento confuso di tutta una vita, di un universo infinito. Guarda la luce" (p. 139).
Si perde lì, come capita spesso alle figure di schiena, aggiungo io, ma ciò che vede, che la sottrae al qui della casa e della famiglia, resta un mistero, un segreto senza parole persino per lei, immagino, al di là del fatto che sia troppo piccola per averne. Davanti a certe cose siamo tutti sempre troppo piccoli. E le parole che mancano chiamano ad altri discorsi, a giri, ricami, deviazioni, ritorni e sempre nuovi allontanamenti. Come se fosse possibile essere fedeli a ciò che si vede, a ciò che chiama, solo essendogli infedeli: si dice altro per dire quello. Per alludervi almeno. Significarlo altrimenti: che è poi l'unico modo per farlo. Ma per farlo occorre anche guardare da quella parte, fissarvi gli occhi senza distoglierli: dando le spalle alla madre e all'interno, se necessario, senza voltarsi. Dimenticandoli. Il cane, che pure è di schiena, invece si volta. È più fedele, lui. Alla lettera. Senza misteri o segreti. Come se nemmeno la vedesse, la luce. Magari perché ce l'ha dentro. Perché è lui tutto luce.
(Il suo mistero, allora, sarebbe questo.)


ps. Un amico mi chiede cos'è il vano alle spalle della donna, perché l'artista l'ha messo, invece di una parete liscia magari con un quadro appeso: Rispondo velocemente: 

è un letto, Piersandro, che invece che protetto da un baldacchino, è incassato in pareti che oggi credo sarebbero in cartongesso, lì non so (legno, probabilmente). C'è un attaccapanni appeso sulla destra, con una mantella rossa (mi sembra da donna), poi qualcosa che potrebbe essere uno scaldino accanto alla tenda e un quadro sopra (i quadri ci sono quasi sempre negli interni olandesi: di solito, quando sono presenti anche nel quadro, hanno rimandi morali e /o simbolici: qui non si capisce, è tagliato a meno di metà... magari qualcosa si potrebbe capire, ma non dalla riproduzione); la stessa struttura è presente in altri quadri di de Hooch, molto probabilmente è il simbolo dell'intimità domestica (soffocante, si direbbe oggi: come forse finisce sempre per essere l'intimità...): al momento è aperto, vuoto, c'è la madre con la bimba sulla porta e un altro o altra nella culla; poi il cane, che sta per la fedeltà, anche se rare volte indica sensualità (più spesso il gatto però in questo senso); il marito è assente; la moglie, tranquilla, si prende cura della casa e della famiglia: il fatto che si stia allacciando il corpetto dovrebbe suggerire che ha appena finito di allattare (anche se il solito malizioso potrebbe pensare ad altro); forse la bimba sulla porta guarda se il babbo arriva (o lo osserva andarsene: babbo o suo sostituto, nel caso dell'ipotesi maliziosa, che però mi sembra francamente eccessiva: e proprio per questo la lascio), anche se è più probabile che sia lontano, per mare (in questo caso il quadro dovrebbe essere una marina). Potremmo costruire storie: lo facciamo in ogni caso, anche se nemmeno le abbozziamo; qualcuno invece preferisce lasciarsi pervadere dalla serenità e poi stupirsi della luce, arrendersi allo splendore che viene da fuori, al mistero, appunto.

(qui sotto, di spalle, che guarda fuori, ma ancora dentro, verso il vano vicino, e poi oltre, alla finestra, non c'è la bambina, ma l'animale - cane o gatto che sia... tutta un'altra storia)